domenica 6 giugno 2010

Appunti di un viaggio interiore...


 Una volta scrivevo,per me .. o forse per dei lettori immaginari che si sarebbero dovuti introdurre in camera mia arrampicandosi al 4 piano tipo spiderman e cercare tra i milioni di quaderni miei e di mia sorella sparsi per la nostra cameretta per trovare quel quaderno bianco, con una cuore, una penna e delle bolle di sapone disegnate sopra.


Un po’ infantile vero? Del resto ho iniziato a scrivere a 13 anni, direi che infantile era un aggettivo che mi si addiceva molto. Ed ora io, Emily, dopo ..beh.. dopo tanti anni sto ancora scrivendo. L’unica differenza è che non uso più quel quaderno e quella penna, ma un pc. Quello che scrivo però, è ancora quello che viene da mio cuore. Dicono che le cose più vere e più credibili sono quelle che escono da li, per gli scrittori, i cantanti, i poeti, i pittori, per tutti quelli che creano insomma.

Sai, ci sono lettere che ho creato per te. Alcune le ho spedite, alcune te le ho date, altre le ho solo scritte. Vuoi sapere se le ho conservate? Si.. per un po’. Ma poi a un certo punto, come quando quel giorno come un fulmine mentre camminavo sono stata colpita dalla sensazione che tu avessi un’altra, ed era vero, a un certo punto sapevo che non ti interessava leggerle. Probabilmente non ti era mai interessato, probabilmente era stato un gioco, un diversivo, un illusione, una comparsa nella tua serie televisiva preferita, questa COSA che c’era tra di noi. Così le parole si sono cancellate. Sai, le avevo scritte con la penna, non al computer, e su carta colorata, carta del tuo colore. E una notte, le ho riprese in mano e le lettere si cancellavano sotto i miei occhi man mano che andavo avanti, finché non sono più riuscita a leggere nulla, perché le pagine erano tornate vuote. 15 pagine.. 15 pagine completamente vuote erano davanti a me e io mi chiedevo..come è possibile? Sono sicura di averle scritte, ne sono sicura.

Sapere che per te non contavano, nessuna parola contava, nessuna lettera, nessun punto, punto e virgola e faccina sorridente, le ha cancellate. Uno scrittore non esiste se non ha un lettore, un attore diventa invisibile senza un pubblico e le mie lettere sono sparite senza te. Ho preso le tue dal cassetto e.. non ho avuto la forza di rileggerle perché non avrei creduto più a una sola parola di quello che avevi scritto.. non potevo. Sono uscita dal mio letto e con le lettere in mano sono andata in bagno. Ho messo il tappo e ho riempito il lavandino d’acqua, ho tolto le lettere dalla busta su cui avevi scritto il mio nome e intere le ho appoggiate nell’acqua e le ho guardate, per ore. Le ho guardate finchè le parole sono diventate macchie, sono diventate illeggibili, confuse, macchie di inchiostro su un foglio bianco che galleggiavano davanti ai miei occhi… ma non scomparivano ancora. Non contavano più niente ma non scomparivano, così ho preso quei pezzi di carta , che al momento mi ricordava la cartapesta, che all’asilo usavamo per costruire i burattini da far muovere infilandoci le mani e nascondendoci sotto un palchetto costruito per l’occasione e far ridere gli spettatori, mettendo in scena una storia. Ho preso quella carta e l’ho buttata nel water, in piccoli pezzi, tirando spesso l’acqua per non farlo intasare.

Quella carta aveva fatto di me quei burattini dell’asilo, e tu con le mani dentro di me mi guidavi dove volevi, finchè un giorno non ti sono più servita, e hai tolto le mani, lasciandomi vuota.

Ora quella carta non c’è più, ma il vuoto, quello non si riempia mai del tutto.

Vuoi sapere cosa ho fatto delle 15 pagine ? sono ancora li. Io non riesco a vedere le parole, ma sono ancora li, magari un giorno riappariranno, magari no. Magari ho solo creduto di averle scritte, magari i miei occhi sono ancora troppo pieni di lacrime e io semplicemente non riesco a vedere.

Non ti spedirò questa lettera. Non la leggeresti perché hai deciso di ignorarmi e che io non conto niente. Ma ho capito che a volte chi scrive è spettatore di se stesso, che a volte anche se si è l’unica persona a leggere la propria storia, nonostante la si conosca già, si riesce ad avere un po’ di pace, di sollievo e a risalire da quel pozzo buio in cui chi scrive ha la sensazione di essere, ma chi legge può alleviare accendendo una torcia, buttando una fune, dicendo sono qui.

Emily

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