Sottotitolo : la fantastica avventura di un profano in
tribunale
C’era una
volta molto molto molto lontano un giovane uomo inconsapevole del mondo che lo
circondava, che viveva nella sua casetta di mattoni rossi. Un giorno gli venne
notificata una raccomandata verde che gli costò, nell’ordine :
×
un paio di bypass dovuti alla preoccupazione di
qualche autovelox preso chissà dove;
×
un tic nervoso all’occhio per aver realizzato
che la macchina gli era stata rubata 8 anni prima;
×
mezza giornata di permesso non retribuito per
recarsi in posta a ritirare la raccomandata
×
un esaurimento nervoso perché alle poste
sostenevano che la raccomandata era stata ritirata dal vicino di casa e invece
ce l’aveva il postino sul fondo del bauletto della moto
×
un altro paio di bypass dovuti alla scoperta di
essere stato citato come testimone al processo del ladro della sua macchina in
corso al tribunale di un paese molto molto molto più lontano di lì, in un luogo
dove era possibile recarsi sono con l’auto… che non aveva
×
un tic nervoso al piede per il ricordo del furto
della macchina.
Preso atto
dell’obbligo di comparizione, il nostro amico, che per rispettare la sua
privacy chiameremo Giangiacomo, si misein moto per trovare una soluzione e
chiedere un giorno di ferie per potersi recare in questo posto dimenticato da
dio, che per rispettare la sua privacy chiameremo Culandia.
La sera
successiva, rientrando a casa dal lavoro Giangiacomo trovò nella posta un altro
avviso di raccomandata, che gli costò, nell’ordine :
×
un tic nervoso al labbro superiore per estremo
odio nei confronti del postino
×
12 punti alla mano destra che per evitare di
aggiungere altri bypass ha usato per placare la sua ira spezzando legna per il
camino a mo di Bruce Lee
×
Mezza giornata di permesso per passare in posta
a ritirare la raccomandata
Per poi
aprirla e trovare una lettera che diceva che il giorno prima gli era stata
recapitata una raccomandata dal tribunale di Culandia contenente una richiesta
di comparizione.
Questa volta
si contenne e per calmarsi raccolse a mani nude circa 7/800 kg di ortica
selvatica da offrire al Dio delle città, e dell’immensità delle terre di molto
molto lontano.
Passarono i
giorni e arrivò il momento di recarsi in Culandia per presenziare all’udienza.
Giangiacomo si preparò studiando tutti i possibili modi per viaggiare, optando
per il mezzo più economico e pratico disponibile in città : la cerbottana
gigante. Sfiga vuole (Dea Greca nota per la sua capacità di rompere i coglioni
nel momento meno opportuno) che la mattina prima inizi a nevicare. Verde.
La
cerbottana è un mezzo altamente comodo, veloce e semplice da usare, che però va
a gasolio. Nevicando verde, il motore si ingolfa e ci vogliono almeno un paio
di giorni perché possa ripartire.
Decise quindi di optate per l’unico altro metodo a
sua disposizione : il triciclo a scoppio. Distribuì per tutta la città delle enormi cisterne per
raccogliere la neve verde, in modo da avere abbastanza carburante per andare e
tornare da Culandia e la mattina successiva si mise in strada alla buonora.
5 paia di
scarpe dopo, oltre a parecchie ore, arrivò in Culandia e si presentò al
tribunale., dopo aver comunicato la sua
presenza a un addetto si sedette in sala
d’aspetto.
Probabilmente,
essendo le condizioni atmosferiche avverse, in quello stesso tribunale avevano
trovato rifugio diversi profughi del circo di Moira Orfei. C’erano infatti in
quella saletta le più svariate creature che Giangiacomo avesse mai visto :
la donna
rompicoglioni dalla voce stridula
La pentola
di fagioli umana
Il vecchio
che commenta i lavori in strada
Il bauscia
festaiolo urlante
Il dodo
Il gatto il
topo l’elefante solo non si vedono i due leocorni
Mentre
Caronte usciva e entrava da una porta controllando i presenti, sospirando e
tornandosene da dove era venuto talmente tante volte e passando sempre sopra i
suoi stessi passi, che ormai nel pavimento c’erano le impronte scavate di
almeno una decina di cm rispetto al cotto veneziano, Giangiacomo piantò due
fagioli magici in un buco del terreno, li bagnò con un po’ di verde avanzata
dal viaggio, parlò dolcemente alle piantina nascenti, tolse le foglie morte,
mise del concime naturale (sorvolerei sul tipo e le modalità) le raccolse, le
fece seccare al sole e si fece una canna.
Fece appena
in tempo a finirla quando Caronte lo chiamo è gli disse che era il suo turno…
veramente lui non se ne accorse, fu la piantina a toccargli dentro
riscuotendolo dalle sue fantasie e facendogli notare che Caronte lo guardava
insistentemente..
Giangiacomo si
alzò ed entrò in aula, con quell’aria persa di un gatto che esce dal
trasportino nello studio del dentista e si trova in uno stato d’animo misto tra
il timore e la curiosità.. si guardò in giro rapido, ma attento, mentre Caronte
gli diceva di andare a sedersi al tavolino posto li in mezzo con un microfono
davanti. Avanzò allora con passo lento e guardingo, la coda tra le gambe e le
orecchie tirate indietro, buttò un occhio al Giudice, con occhiali severi ed un
maestoso mantello nero da cui spuntavano enormi corde dorate simili a quelle
delle tende di casa di sua nonna, e uno agli avvocati comodamente svaccato
dietro una sorta di scrivania in legno scuro, mezzi coperti da enormi fascicoli
e da un mantellone aperto simile a quello del giudice.
Si sedette,
si avvicinò al microfono trattenendosi a stento dall’istinto di picchiettarci sopra
col dito dicendo “uno due tre prova se..se…se..” e poi alzò lo sguardo verso un
ometto con le cuffie che scriveva veloce sulla tastiera di un pc.
“Bene”, pensò
“come sono finito sul set di Harry Potter?”
Smi